Campagna Cane Guida Blindsight Project

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CIECHI E CANI GUIDA: AIUTATECI A SALVARLI!

"Vado in bici, quindi sono ecologico": affatto! E si è anche molto incivili se si va in bici su un marciapiede pedalando, perché su un'area pedonale la bici andrebbe portata a mano: ovvio che nessuno lo fa qui in Italia. Finché si vede però è una cosa, quando si cammina con un cane guida al posto degli occhi è veramente pericoloso avventurarsi tra motorini e biciclette che sfrecciano o si ammucchiano tra loro in un'orgiastico trivial-parcheggio sul marciapiede, stessa cosa per le auto sempre qui parcheggiate . Inutile dire poi cosa si prova dentro quando le strisce sono occupate "un attimo" da chi non trova o non ha voglia di cercare parcheggio e il nostro cane cerca un varco libero per attraversare: la più forte sensazione di impotenza, di ingiustizia, di disperazione, considerando che le strisce (ove presenti) sono l'unica possibilità su cui il cane guida è addestrato ad attraversare una strada!

Di seguito una notizia (come sempre una delle tante e sempre poche rispetto alla realtà di ogni cieco italiano con cane), leggetela per capire cosa vuol dire uscire di casa e sentirsi come chi cammina su un campo minato, soprattutto consapevoli del fatto che in questa nazione (solo qui!!) quando si esce di casa al buio con un cane guida, le probabilità di ritornare vivi sono ben poche, e non per colpa del nostro cane, ma per la vostra cecità mentale! Ricordo la campagna di Blindsight Project da diffondere, la "Pedonal Free": forse riuscireste a salvare qualcuno di noi, grazie a chi collaborerà a tenerci in vita, perché non sempre i nostri cani ci riescono in mezzo a voi. (Laura Raffaeli - presidente Blindsight Project)
Nell'immagine: un cane guida italiano

"Rimini, 14 settembre 2010 - "Ho pensato: a fondo non ci vado perché Wendy sa nuotare ed è un cane da salvataggio. Poi qualcuno arriverà a tirarci fuori". Santina Belli, 61 anni, residente in via da Barbiano, è la donna cieca che è caduta nel porto canale di Rimini domenica mattina dopo aver perso l’orientamento a causa delle deviazioni che il suo cane ha dovuto fare per non farla finire in mezzo al traffico. (...)

IL NOSTRO ADDESTRAMENTO (seconda parte)

In questa parte, che è la seconda del nostro addestramento, sono costretta a ricordare qualcosa che vorrei dimenticare, ma non posso se voglio dire qual'è stato il percorso per me ed Artu finora, quindi rompo il silenzio di nuovo, quello già rotto nel mio secondo libro: il silenzio che dovrebbero rompere altre donne, che come me hanno subito quanto dirò avanti, qui ovviamente anche quello sulle scuole che non addestrano cani di proprietà, o che se promettono di farlo, inventano mille scuse per prendere tempo e non farlo mai, un silenzio che altri ciechi dovrebbero rompere.
Il tempo cura molte cose, ma alcune non saranno altro che ferite aperte che, man mano, gronderanno meno sangue, ma sempre aperte rimarranno, come forse per il mio cane, rimarrà impossibile capire che una coperta può essere un gioco o una cuccia, oltreché una gabbia.
Passati i primi mesi,

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